Il cielo per Roma

L’anima pellegrina di Sinesio, antico filosofo e discepolo innamorato di Ipazia, trasmigra nel corpo stanco di Chiaffredo Buffaldieci Guastella, avvocato romano. Ha una missione da compiere, assegnata dalle “alte sfere”: indagare sul conflitto che sconquassa la Chiesa, divisa fra due papi, il rivoluzionario e in carica Materno I e il tradizionalista e dimissionario Gregorio XVII. Chi dei due è l’Anticristo?

15,70 
Il libro in breve

Sinesio/Chiaffredo, incalzato dai ricordi, approda in una Roma contemporanea sacra e profana, diurna e notturna, centrale e periferica, turbata da uno strano morbo: il mondo intero ne è devastato, un contagio crudele che segna il tempo attuale e a cui sembra arduo opporre un rimedio. Fra avventure e riflessioni condotte sul filo dell’ironia, si troverà alle prese con uno sciupacchiato Mefisto/Orson, che desidera ingaggiarlo e indurlo al doppio gioco, con la salvifica Matilda, un angelo diventato donna, con il predicatore Benício Aparecido Pereira Rodrigues, al secolo Emidio Panaccione, a cui qualcuno ha voluto chiudere la bocca per sempre.

Le metamorfosi non riguardano soltanto lo scenario e l’epoca, ma anche lo stile, il linguaggio dal carattere baldanzoso e indipendente, passando dal comune al bizzarro, da una logica scrupolosa all’assoluto della fantasia. Tutto sembra dare ragione, in questo libro, alla frase del Chisciotte di Cervantes per la quale: “Purché sia vera, non c’è storia che sia cattiva”. Vera nel senso dell’arte e dell’invenzione, naturalmente…

Con una scrittura ricca, preziosa e avvolgente Bàino scrive un nuovo capitolo della collana quisiscrivemale, dedicata “ai pochi coltivatori di prose rimasti”.

Anteprima

Pestato, le ossa ammaccate, nella stanza di una casa che non so dov’è, con qualcuno di là che non so chi è, mi ritrovo, e sono forse l’unico, ahimè!, a spiare i fatti e le cose per capire se è il giro solito – per quanto tragico – del mondo, come mi auguro, o l’arresto definitivo.

Incomincia a filtrare un po’ di luce dalle imposte; la nottata, come porzione di tempo fra crepuscolo e alba, è passata. Dalla porta viene un odore di caffè, bevanda che della modernità favorisce il logorio ma aiuta a ritrovare sé stessi. Ora press’a poco mi vedo, riflesso in uno specchio: sono solo e ricurvo, ma grazie a quell’aroma ancora lontano non soffro più nulla o quasi. Un toc toc lieve alla porta, che si apre e entra il caffè, insieme alla mia ospite.

“Vuoi che ti porti un cucchiaino, per misurare la tua vita?”

“Meglio di no!” Bevo in silenzio, mentre lei apre le imposte e mi dà la ferita della luce. “Grazie!” e le restituisco la tazzina.

“Sono venuta dietro la porta un paio di volte, stanotte, parlavi a voce alta…”

“Ah, sì? E che dicevo?” Si siede sul letto, mi muovo per farle un po’ di posto.

“Ti ho sentito parlare di virus, di animali, piante, di Apocalisse, del diavolo… Lottavi, ti dibattevi fra psicosi paranoica e rimozione classica…”

“Ah, sì? E chi ha vinto?”