Miyar

Montagne ai confini del Kashmir

Un viaggio sulle vette più alte dell’Himalaya, lì dove sembra di stare sul punto più alto del mondo e di essere gli unici ad abitarlo veramente.

13,51 
Il libro in breve

Più sotto, dopo gli ultimi massi morenici e dentro la grande spaccatura terrestre, il frastuono del fiume che precipita dai ghiacciai del Menthosa, del Phabrang, di Gomba e di Kang-La, ricopre incessantemente ogni altra voce umana ed animale…

Noi, stesi e stanchi, con le ossa attaccate ai sassi di questo letto di montagne, a guardare come bambini un cielo mai visto così carico di stelle nuove e a capire quanto è uguale e quanto è diverso da quello di casa, lontano più di 5000 chilometri.

Siamo tra le montagne himalayane del Miyar, in Kashmir, alla ricerca di una vetta tutta per noi.

Il sogno è già iniziato.

 

Anteprima

Ormai sono quattro ore che ci arrampichiamo e la montagna è sempre così difficile, dura e pericolosamente in agguato. Più si va avanti e più il pendio diventa ripido, frantumato e insostenibile. Non immaginavo la parte di questo crinale così fortemente accidentato. Come fanno questi massi a reggersi l’uno sull’altro, senza precipitare? Qui non c’è posto per stare né in piedi né per appoggiarsi un momento per riposare. E la vetta ancora è tutta da immaginare oltre e dentro le nubi.

Che strano mondo è questo qui! Man mano che il corpo esausto dalla fatica perde la sensazione del dolore e il respiro diventa sempre più ampio e vuoto, il resto, la mente e l’anima, si esaltano.

Gli spazi che ho, le vette a corone spezzate da tutte le parti, i ghiacciai come altissimi e immensi bacini abbaglianti, gli abissi che sprofondano sotto di me, mi fanno stare a lungo aggrappato e tremante a questo spessore di roccia vetrosa e ghiacciata, come ad un ultimo appiglio. Oltre c’è solo spazio e cielo. Non ho ali per continuare. Chiudo e riapro più volte gli occhi per ridurre l’effetto di immensità e spavento. Lentamente riesco a guardarmi attorno. C’è una corona interminabile di vette e montagne da tutte le parti. Non so da dove inizino e nemmeno dove finiscano. Neve, nuvole e ghiacciai le spaccano, le coprono a tratti e le innalzano continuamente e irregolarmente. Il mondo attorno è fatto da una interminabile serie di vette appuntite verso l’alto come onde in tempesta e io mi sento, in questo momento, solo, al centro di un oceano di materia ed aria. Per un attimo è come se fossi l’unico essere umano su questo territorio di vertici e vertigini delimitato dalla rotondità dell’orizzonte. E su di esso, insieme al cerchio bianco e nero delle montagne è incollata la cupola azzurra del cielo. Più su di questo mondo, ce ne dovrebbe essere ancora un altro, con altre suggestioni ancora più forti e travolgenti o forse incantevoli e senza emozioni.