Né in cielo né in terra

Questo libro, quello che hanno scritto i protagonisti di Né in cielo né in terra, si spaccia per un remake di Fantasmi a Roma, il film del 1961 di Antonio Pietrangeli con Gassman, Mastroianni e De Filippo.

 

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Il libro in breve

Un ghostwriter sogna di incontrare i suoi amici di gioventù passati a miglior vita i quali, come nel film, cercano di resistere alla speculazione edilizia che vuole cacciarli dal palazzo diroccato di Trastevere dove si sono rifugiati. Per resistere decidono di scrivere un libro con le loro storie, destinato ad avere grande successo secondo loro, e lui nel sogno si ritrova a dare una mano nella stesura. I loro racconti, le loro avventure comiche sono tutti centrati sul fatto che da vivi erano stati cacciati dalle case del rione nelle quali le loro famiglie abitavano da generazioni e sulle conseguenze di quello sradicamento, di quella diaspora. Le loro vicende esilaranti sono un viaggio nell’anima della città, in ciò che la fa sembrare immobile, indistruttibile e la definisce come eterna.

 

Anteprima

Ancora nell’affanno della corsa, appena tornati dentro a qualcuno, forse a Rutilio, è venuta su un’idea ispirativa che è poco dire limpida, così l’hanno definita, l’unica della serata, una lunga lunga passeggiata in circolo là nell’androne male illuminato, e senza parole, senza neanche una parola che è una e nemmeno ridere. Per decisione unanime, ha ribadito Rufo, che tutti, io credo, abbiamo la ferma intenzione di rispettare.

In effetti in un attimo erano tutti d’accordo.

E lì anch’io ho dovuto partecipare, forse perché sono disponibile, ma in più non potevo fare a meno di notare quella camminata tipica rionale. Era come se ogni zampa avesse le molle che devono finire il rimbalzo prima di passare all’altra, come un’esaltazione che s’affloscia fino a diminuire verso la stabilità apparente, una serie di piccoli voli a fior di terra come una danza di Apaches o forse Navajo, con in più una specie di vibrazione a ogni fine appoggio. Per tempi lunghissimi, tanto che si aveva l’impressione di segnare il passo, tanto per dire.

Non so sul serio per quanto tempo siamo rimasti in silenzio, a girare come una setta di framassoni, con Poppea impettita che ci puntava. Ore o forse giorni, mi son sembrati. Pareva un corso accelerato di silenzio ispirativo, e ho dovuto abbozzare.

Comunque, a un certo punto si sono fermati e siamo tornati a casa, che ancora non erano contenti. Questa casa è un porto di mare, come si addice a quella di un portiere del resto, l’unica cosa che ho fatto a tempo a pensare entrando.