Nomadi dell’invisibile

L'autosacrificio rituale del chöd nel Bön tibetano

Testi, pagine di diario, immagini e un inedito cortometraggio dell’autore narrano di un arcaico rituale dai profondi significati spirituali.

Il libro contiene una inedita traduzione del testo sacro rituale La saggezza segreta delle Dakini (Khandro sangba yeshe) realizzata da Geshe Gelek Jinpa, lama del monastero di Triten Norbutse in Nepal.

Arricchisce l’opera un DVD contenente un cortometraggio dell’autore, il canto liturgico dei monaci bönpo e un originale contributo artistico di Franco Battiato.

22,32 
Il libro in breve

Nel cuore dell’Himalaya, alcuni officianti appartenenti all’antica religione tibetana del Bön compiono un lungo pellegrinaggio rituale attraverso territori selvatici e inospitali, abitati da divinità montane, geni, demoni e inquiete anime di defunti.

Servendosi di strumenti musicali ricavati da ossa umane, gli officianti evocano la presenza delle entità invisibili, così da celebrare il sacrificio simbolico del proprio stesso corpo (chöd), offerto in nutrimento agli spiriti nel corso di un singolare banchetto rituale.

Anteprima

Il chöd e la sua stessa pratica si compongono di una vasta e complessa serie di significati, tali da permettere una lettura del rituale a più, differenti, livelli.
Da un punto di vista esteriore, lo scopo principale dell’officio del rito è la pacificazione di personalità invisibili identificate con specifici luoghi. In accordo con una visione del mondo comune a molte culture himalayane e alla maggior parte delle culture arcaiche tradizionali, i Dolpopa38 ritengono che l’universo sia abitato, oltre che dagli esseri umani, anche da un incalcolabile numero di dei e semidei. Entità invisibili associate a varie regioni cosmiche o identificate con specifici siti naturali, non di rado localizzati nell’habitat selvatico che si estende oltre i villaggi.

Mi torna in mente: nel tempio del monastero di Triten Norbutse, a Kathmandu, le lancette del grande orologio girano in senso antiorario.
Bönpo. Eppure è tempo.
I vivi si misurano in altezza. I morti in lunghezza.
I viaggi in profondità.

I chöpa, accomodatisi a terra, officiano per l’ultima volta il rituale, nel buio quasi totale dell’ambiente. Uomini, vecchi e bambini, assistono in silenzio. Sembra la scena di una vecchia messa contadina. Con uomini secchi e scarni, ritti e sempre sgomenti. Immobili con i loro berretti tenuti tra le mani.