Riassunto di fine giornata

Una narrazione per quadri, una scrittura capace di precisione fotografica. Il ritratto di un amico, il momento di un congedo, il lampo di una rivelazione sono raccontati da una galleria di voci e identità diverse: il bambino e l’adulto, il maschio e la femmina, l’apocalittico e l’integrato.

Luciano Del Sette non dà nulla per scontato. In modo inevitabile anche il lettore è sollecitato a interrogarsi sul peso dei gesti, la difficoltà di riconoscere e dire i sentimenti, la durezza del confronto, il bisogno di verità.

12,25 
Il libro in breve

Nel corso dei fogli di un taccuino ideale, Luciano Del Sette non ha voluto segnare le tappe di un’autobiografia. Nel suo libro non c’è il racconto di una vita o di una generazione, ma una narrazione per quadri; ad ogni scheggia di tempo strappata al flusso dei giorni corrisponde tuttavia un’immagine netta, il ritratto di un amico, il momento di un congedo, il lampo di una rivelazione. La cura del dettaglio è la misura di una scrittura capace di precisione fotografica. E ogni scatto dà il via a una sorta di didascalia densa di pensiero.

Tuttavia, la riflessione sottesa allo sguardo è tutta interna alla scrittura e non è scindibile da essa: in genere la scelta di campo, fortemente etica, è quella di uno scarto verso l’irregolarità, o meglio la decisa contraddizione del luogo comune. Maternità, paternità, amore, amicizia, giovinezza e vecchiaia sono ridisegnati da una prospettiva che antepone l’elezione al destino, la scelta alla rassegnazione. In modo inevitabile anche il lettore è sollecitato a interrogarsi sul peso dei gesti, la difficoltà di riconoscere e dire i sentimenti, la durezza del confronto, il bisogno di verità che emerge quando si riconosce la dignità dell’altro.

Se ogni brandello di pensiero è conquistato con fatica e senza che nulla sia mai dato per scontato, lo scrittore richiede però a se stesso anche lo sforzo di inserire i suoi “frammenti di vita” in una struttura geometrica dall’inizio della vita alla sua conclusione. Alludendo a questa circolarità di un “senso”, Del Sette rinuncia alla centralità del proprio io (sia pure così fortemente connotato e riconoscibile) per frantumarsi in tante identità, in voci narranti tutte ben individuate. Una molteplicità di punti di vista, da cui prendere le mosse per un gesto estremo di comprensione e di pacificazione per se stesso e per gli altri.

Anteprima

Sei sempre stato un grandissimo stronzo. Adesso non riesco a pensare a nient’altro che a questo. Adesso, in questa stanza di albergo, mentre infilo nella tua valigia le cose che hai lasciato in disordine. La tua busta nel bagno. E le camicie. Quelle stirate, quelle appallottolate, e il maglione.

Sai, vecchia mia, non riesco proprio a ricordarmi quando ho cominciato ad avere paura di perdere i miei sogni. Sono venuto a raccontartelo stasera, in questo posto dove fa sempre un po’ più freddo. Anche a fine giugno. Se non ti dispiace, mi siedo, mi accendo una sigaretta e mi chiudo la giacca.

Il tempo ti sottrae la possibilità di calcolarlo davvero, se appena tu decidi che “ci sarà ancora tempo” per fare una cosa che non ti è riuscita, o un’altra che vuoi fare meglio, o un’altra ancora che si affaccia nuova. Man mano che il tempo procedeva, io ho sempre avuto la sensazione di non sentirmelo mai addosso, sia guardandomi allo specchio, che misurando il rapporto tra la mia fatica e la mia voglia di vivere.