Se Roma è fatta a scale

Stanno alle strade come traverse però fatte di gradini

Le scale mettono in comunicazione un sopra e un sotto, talvolta diversi, qualche volta lontani o addirittura opposti.

Le scale sono spesso un’accelerazione del ritmo urbano, luoghi di transito; magari poco o per niente conosciute, quelle visibili e quelle nascoste, a due passi dalle vie più frequentate o infilate nel verde dei parchi, dal centro alla periferia.

14,15 
Il libro in breve

Questi settantasei brevi testi non vogliono essere un censimento delle scale di Roma che sicuramente sono molte di più rispetto a quelle che Alessandro Mauro ha visitato, in modo libero e casuale (dal settembre del 2014 al febbraio del 2016). Sono visioni insolite, dal basso o dall’alto di una scalinata, rivolte con grande attenzione alla città e alle sue trasformazioni. Questi luoghi di transito, le scale, magari poco o per niente conosciute, quelle visibili e quelle nascoste, a due passi dalle vie più frequentate o infilate nel verde dei parchi, tutte alla fine raccontano il vivere quotidiano. Se Roma è fatta a Scale non è concepito come una guida, ma queste brevi prose poetiche disegnano nel loro insieme un quadro del tutto particolare della Città Eterna: alla base delle scale c’è la città, sopra pure; le scale stesse, ogni gradino, sono città e appartengono a tutti noi.

Anteprima

Via de’ Ciancaleoni

Il gioco sarebbe arrivarci bendati, magari scendendo da un’astronave. Poi, senza benda, stabilire dove siamo.

La scalinata di via de’ Ciancaleoni, che sale dal cuore della Suburra, è uno di quei posti che dici “è così bello che non sembra di stare a Roma”. Non è molto logico, per “la città più bella del mondo”, però succede. Specie per quegli angoli che conservano, come questo, consistenza di villaggio.

La rampa sale in mezzo alle case, morbida, preceduta da qualche vaso di piante che ne accentua l’aura paesana. I ciuffi d’erba che sbucano dagli scalini fanno da spontaneo controcanto. La prima idea, da sbendati, sarebbe quella del piccolo centro medievale, arroccato, confermata da un paio di lanterne che dicono borgo. E non servirebbe all’indagine il cartello stradale ricoperto di adesivi variamente cool, né la coppia di giovani che fumano nell’angoletto panoramico ma riposto che dalla cima della rampa guarda alla prosecuzione della strada, larga come un carruggio.

Non sono le pratiche – diffuse – a fare da spia: dicono di più le file di sampietrini che pavimentano ogni scalino, tanto più che le precede una soglia di travertino. Ci vogliono Panelli e Valori, o cacio e pepe, per evocare in coppia altrettanta romanità. Tuttavia quei materiali si trovano anche altrove.

Così l’esplorazione deve proseguire oltre le scale, nel vicolo, che per un po’ di metri è attillato passaggio rionale. Dopo però la stradetta si allarga, e quando arriva all’incrocio si è cambiata d’abito, e si finge qualsiasi, come pensasse ad altro. Lì, a destra, via Panisperna va giù in discesa e poi sale di colpo: un avvallamento da montagne russe che sembra San Francisco. Lo sguardo lo percorre, scende, risale, inquadra Santa Maria Maggiore.

E allora dove siamo si capisce benissimo.