«Neve, cane, piede non è un noir, ma la sua scrittura e l’evoluzione degli eventi hanno una cupezza quasi claustrofobica, assecondata da una lingua secca e netta, che punge come il ghiaccio da cui i protagonisti sono circondati. Non bisogna però immaginare una storia dall’estremo realismo, una storia in cui si narra solo quello che succede: perché se il titolo riassume magistralmente i fatti principali, non dice ciò che avviene intorno a essi […].
Adelmo Farandola […] sempre meno appare la caricatura e sempre più l’immagine di un uomo solo e incattivito che si salva, in finale, grazie all’amore che Morandini riversa su di lui, sulla montagna, sullo stesso mestiere dello scrittore e dell’invenzione letteraria.»
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