03/11/2014

Raccontare il Medio Oriente in fiamme

minimaetmoralia.it - Giuliano Battiston

Che cosa rimane delle “primavere arabe”, delle rivolte iniziate nel dicembre 2010 in Tunisia e che hanno poi contagiato Egitto, Libia, Siria, Yemen, Bahrain, parzialmente l’Iraq? Alcuni libri recenti ci aiutano a trovare una risposta. Quello di Giuseppe Acconcia, giornalista e ricercatore, è dedicato all’Egitto, ed è un reportage realizzato tra la fase immediatamente successiva alle dimissioni forzate di Hosni Mubarak e quella, più recente, che segna la presidenza di Abdel Fattah al-Sisi, l’ex generale e membro del Consiglio supremo delle Forze armate eletto il 27 maggio 2014 con un voto boicottato dalla maggioranza degli egiziani.

È una parabola storica di fondamentale importanza, quella di cui è stato testimone l’autore di Egitto. Democrazia militare (Exòrma, pp. 240, euro 14): «quattro anni di movimenti sociali, di aspirazioni culminate nella repressione», dalle barricate degli attivisti di piazza Tahrir alla strumentalizzazione e al discredito verso i movimenti giovanili, liberali e di sinistra, fino al ritorno all’ordine imposto dall’elité militare con gli strumenti che le sono congeniali: «atti criminali sistematici contro i civili, processi politici, detenzioni di massa, omicidi, minacce, tortura nelle carceri».

Nel mezzo, c’è la cronaca dei momenti più significativi della storia recente del paese: la contestata elezione, il 30 giugno 2012, del presidente islamista Mohammed Morsi, il fallimento dei Fratelli musulmani al governo, «che hanno operato seguendo le stesse logiche di Mubarak»; il Golpe di stato militare del 3 luglio 2013 contro Morsi; il massacro di Rabaa al-Adaweya del 14 agosto 2013, quando la polizia spara sui manifestanti indifesi che contestano il golpe, causando almeno 867 morti: «in poche ore, le speranze di una pacifica transizione democratica di milioni di egiziani si infrangono con una carneficina». E poi il passaggio di al-Sisi dall’uniforme alla giacca e cravatta, simbolo di quell’«ambigua relazione tra elite militare e politica che domina l’Egitto dalla rivoluzione del 1952».

Egitto. Democrazia militare è un reportage “politico”, che però ha il pregio di raccontare le vicende politiche attraverso il filtro di quelle sociali e culturali, oltre che da prospettive molto diverse. L’autore attraversa il Cairo in lungo e in largo, ma non si accontenta, sa che è rischioso «ingabbiare l’opposizione al regime all’interno di piazza Tahrir». Visita le fabbriche di Mahalla al-Kubra, nel Delta del Nilo, dove i Fratelli musulmani sono accusati di «essere dei feloul, uomini del vecchio regime»; a Port Said incontra i familiari degli ultras uccisi dagli uomini vicini al Partito nazionale democratico di Mubarak; si inoltra nel Sinai, dove i jihadisti si alleano con i giovani beduini e con i contrabbandieri e lo Stato è solo repressione e brutalità; da Alessandria passa a Suez, «città di soldati e lavoratori», discutendo con sindacalisti e operai. Al Cairo incontra i rapper le cui strofe hanno ispirato le rivolte; dà voce agli “zebelin”, gli uomini che ogni giorno raccolgono i rifiuti. Finisce poi nei quartieri “6 ottobre” e “Rehab”, nella “piccola Siria”, dove «profughi, rifugiati, politici scappati dalla guerra di Assad trovano un riparo, e forse una nuova vita».

 

Recensione a

Egitto Democrazia Militare

di Giuseppe Acconcia

220
4,99 


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