«“La lunga notte dei popoli dei ghiacci”, questo il sottotitolo di un testo diviso in sette capitoli nel corso dei quali Meschiari percorre il divenire spesso accidentato di Nord misconosciuti. Luoghi ostili, metallici, contaminati. Paesaggi remoti, desolazione totale. Inverni che durano otto mesi; estati brevi ma abbacinanti. Spazi nei quali le città, intese come agglomerati urbani e concatenamenti di sé, sono state realizzate in tempi relativamente recenti, rompendo equilibri storici di esistenze abituate a svolgersi sotto cieli infiniti di stelle […].
Con il ritmo della prosa più arrembante e lo stile dell’inchiesta giornalistica, Artico nero affronta temi scottanti, storie di popoli nomadi costretti a diventare sedentari, popoli che nel corso dei decenni sono stati oggetto di programmi di ingegneria sociale sponsorizzati da vari governi: canadesi, danesi, russi, americani, norvegesi. Ordalie di sangue passate troppo velocemente sotto silenzio».
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