Dimagrire con la psichiatria
Se stai cercando una nuova dieta questo libro non fa per te.
Dimagrire con la psichiatria non è un manuale. È il racconto degli interventi psichiatrici d’urgenza a domicilio, gli interventi del 118.
Giorgio Villa, medico psichiatra, racconta una serie di storie straordinarie o semplicemente buffe, ma soprattutto descrive, con l’acume dell’antropologo coinvolto e un’innata predilezione per l’abuso d’ironia, alcuni casi di crisi individuale e i contesti collettivi in cui questa si scatena.
Ciascun racconto è corredato dal riferimento al Manuale Statistico Diagnostico, il DSM IV, strumento ufficiale di classificazione delle patologie psichiche.
Ma la diagnosi è questione complicata, come complesse sono le forme dell’esistenza.
Trent’anni di esperienze animano questo libro che cerca di affrontare una delle dimensioni più faticose e spiazzanti dell’agire psichiatrico: l’intervento urgente legato all’attuale servizio del 118. Le storie qui raccolte, anche se ispirate a fatti realmente accaduti, sono modificate e, paradossalmente, semplificate.
Non si tratta di rappresentare forme di esistenza mancata bensì alcuni esempi dell’incredibile varietà del patire umano e degli infiniti recessi della mente.
Ciascun racconto è corredato dal riferimento al Manuale Statistico Diagnostico così che Dimagrire con la psichiatria è anche un utile strumento di conoscenza generale delle patologie psichiche. Tuttavia il richiamo alla classificazione del DSM IV è solo indicativo ed è ben lungi dall’intenzione di semplificare ulteriormente la vita in semplici classificazioni diagnostiche. La diagnosi, come avviene in tutti i rapporti umani, è questione complicata e più che una casella tassonomica appare essere uno strumento per esplorare la relazione, per comprendersi di più.
Adesso che ci penso, non mi viene in mente nessun collega che si occupa di interventi urgenti che possa definirsi “grasso”.
Che sia vero che un certo tipo di psichiatria faccia dimagrire chi la pratica?
Quando stavamo per portarle vie di peso, Paola sussurrò solo una parola: «Gatto».
Le chiesi se fosse preoccupata per Teodorico e lei, per la prima volta, dette un piccolo segno di assenso.
Era già qualcosa!
Mi venne in mente un’idea balzana e francamente un po’ pazza. Perché non ricoverare anche il gatto se questo poteva servirci come spazio di mediazione e di contatto?
Telefonai al mio amico Michele, responsabile del reparto (cioè il Servizio di Diagnosi e Cura), e lui sembrò molto divertito dalla proposta.
Spiegai a Paola e Maddalena che avremmo dovuto ricoverare Teodorico perché sembrava veramente molto malato, ma Teodorico, senza di loro, avrebbe sofferto moltissimo: figurarsi lui, povero gattino tutto solo, in un reparto psichiatrico! Se gli volevano veramente bene dovevano proprio accompagnarlo.
Con nostra grande sorpresa le due donne accettarono e così, sotto lo sguardo perplesso dei vigili del fuoco, partimmo alla volta dell’ospedale.
Michele, un professionista severo e circondato dalla fama di persona burbera, fu all’altezza della situazione.
Visitò anzitutto il gatto e aprì una regolare cartella clinica che recava sul frontespizio un doppio numero 11-12 che corrispondeva, in realtà, ai numeri dei due letti rispettivamente di Paola e di Maddalena.