Matriarché
Il principio materno per una società egualitaria e solidale
Il titolo Matriarché riprende le parole della filosofa tedesca Heide Göttner-Abendroth che definisce il termine “matriarcato” non come dominio, sopraffazione del femminile sul maschile, ma come “matri/arché” cioè “origine dalle madri” teorizzando una società fondata sulla collaborazione e l’equilibrio tra i generi, in cui le decisioni siano prese utilizzando il metodo del consenso e vivendo nel rispetto della natura e delle risorse che essa ci mette a disposizione.
Matriarché è stato sostenuto da un’iniziativa di crowdfunding: in soli due mesi ha riscontrato l’interesse e l’attenzione di un gran numero di sostenitori, attenti alle tematiche sottese al libro.
C’è stato un momento nella storia dell’umanità in cui sono esistite società fondate sull’armonia con la natura, egualitarie e solidali?
Secondo alcuni non solo ci sono state ma esistono tuttora, in alcuni luoghi del mondo, società pacifiche, fondate sull’equilibrio di genere e in accordo con la natura. Si tratta di organizzazioni matrilineari o matrifocali in cui la maternità è considerata il valore fondante. Matriarché è un progetto interdisciplinare volto proprio allo studio di queste società che, in passato, ma soprattutto nel presente creano un contesto sociale più armonico, dove la relazione uomo-donna e le relazioni in generale sono fondate sui princìpi della cura e della nonviolenza.
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Tutte le società matriarcali si basano sul principio del divino femminile. Sono il risultato di una visione che mette in connessione le donne con il sacro. E questa è una prerogativa delle società matriarcali. Sono convinta che in questo momento storico, per attuare società più pacifiche e più eque, per fermare la violenza sulle donne e la devastazione della natura c’è assolutamente bisogno di mettere il sacro femminile al centro della visione della natura e della società. Le donne sono sempre in prima linea nella lotta per i diritti della Madre Terra. La difesa della Madre Terra è anche la difesa dei diritti delle donne, e violare i diritti delle donne è allo stesso tempo avere un atteggiamento distruttivo verso la natura. Non mi stanco mai di ripetere che sia la violazione della Terra che la violenza sulle donne sono pulsioni strettamente legate nella mente di chi vorrebbe avere il dominio su entrambe. Una società che intende proteggere la Terra come fosse una madre vivente darà inevitabilmente dignità e centralità alle donne apportando un cambiamento di visione dell’economia e dei processi decisionali.
Vandana Shiva
«Chi è Marija Gimbutas e perché le sue ricerche di archeo-mitologia sono così importanti?»
«L’archeologa lituano-americana Marija Gimbutas (1921-1994), riprendendo la strada aperta da pionieri quali Gordon Childe, Jacquetta Hawkes, Arthur Evans, James Mellaart e Jane Ellen Harrison, ha riportato alla luce la civiltà pacifica ed egualitaria dell’Europa del Neolitico, che per oltre quattromila anni era rimasta nascosta sotto gli strati delle culture dei popoli insediatisi al suo posto: come i Faraoni che, dapprima seduti sulle ginocchia della madre Iside, da un certo punto in poi siedono soli sul trono. Trono che è il simbolo stilizzato e desessuato di ciò che rimane nelle culture patriarcali della sapienza sviluppata dalle precedenti società matrifocali. Grazie alla sua straordinaria formazione accademica oltre che in archeologia in mitologie comparate, linguistica, folclore ed etnografia storica, alle sue campagne di scavo nella penisola balcanica in siti inesplorati e al suo metodo d’indagine interdisciplinare per cui lei stessa ha coniato il termine “archeo-mitologia”, Gimbutas ha mostrato come l’Europa nel Neolitico avesse conosciuto una lunga fase di civiltà tutt’altro che “primitiva”, che precedette di qualche millennio l’arrivo dei popoli che comunemente definiamo indoeuropei. La gente viveva in insediamenti anche vasti, che non mostrano traccia di guerre né di disuguaglianze sociali o di genere, si dedicava alle arti oltre che alla produzione dei beni necessari alla sopravvivenza e aveva sviluppato un raffinato sistema di credenze religiose, al cui centro stava la figura della donna. Che nel suo corpo e con i suoi ritmi naturali esprimeva la ciclicità del tempo, delle stagioni della terra e delle stelle, della vita che si rinnova e della rigenerazione che segue a ogni morte. Dalla loro arte, dalla posizione e dalla planimetria dei villaggi e delle case, dal ricco simbolismo ricorrente emerge con forza un senso di armonia e un orientamento verso la ricerca costante di un equilibrio dinamico tra le forze divergenti. Elementi che indicano la coscienza e la volontà di sostenere il processo continuo della Creazione. Quindi Gimbutas ha riportato indietro di molti millenni l’orologio del tempo storico, mettendo in discussione il concetto stesso di “civiltà” finora attribuito proprio ed esclusivamente a quei popoli guerrieri che, in ondate successive durate circa due millenni a partire dal 3500 a.C., arrivarono a cavallo e con armi sempre più micidiali, arrestando quella civiltà e imprimendo alla storia un’altra direzione».
incontro con Luciana Percovich