Storia naturale dei miei avi
Tutti povera gente tranne uno
Che ne sappiamo dei nostri antenati? Ricordiamo forse il nome della nostra bisnonna? E cosa si sa dei trisavoli? Il protagonista delle vicende qui raccontate, un quarantenne sfaccendato e senza ambizioni, dietro lauto compenso del ricco e affermato fratello che vive in Canada, decide di avviare le ricerche per ricostruire il loro albero genealogico.
L’indagine inizia a bordo della sua scalcinata utilitaria, per valli e colline ghiacciate alla ricerca di antichi registri indecifrabili, consultati in gelide chiesette di frazioni dimenticate. Aiutato dai parroci di paeselli arroccati sull’appennino e da un carrozziere del posto, affronterà l’ardua impresa scoprendo pian piano che la sua progenie è composta da poveri miserabili, anzi “miserabilissimi”, decimati da epidemie di colera e carestie: quello che pare il capostipite, Jacobus Mama alias Dal Monte, risulta colpito da pignoramento giudiziario il 24 novembre 1474; di lui non si sa nient’altro.
Una storia vera raccontata con stile scanzonato e ironico, tra bevute al pub con gli amici, situazioni rocambolesche e relazioni amorose senza costrutto. Unica consolazione, tornare a casa e trovare la gatta Pipetta ad aspettarlo con la sua imperturbabile dolcezza.
La sera non è un altro giorno, ma quasi. Volendo si può trovare da stare allegri tutta la settimana nella birreria che abbiamo scelto come punto di ritrovo, io e una trentina di amici. Sei o sette della congrega, a volte anche di più, assortiti e variati, ci sono sempre da poco prima delle otto di sera in avanti; basta andare lì e si trova compagnia. Sono poi simpatici, questi soci: mica il tipo degli ubriaconi rompiballe, tutt’altro. E c’è da scegliere, persino: un architetto, un veterinario, due fisioterapisti, una manager, tre magazzinieri, un sindacalista… di tutto e di più! Insegnanti e informatici a non finire, di tutte le età, di tutti sessi. Con tatuaggi, senza tatuaggi… il piercing nel naso, all’ombelico… quello che vuoi.
Quella sera lì, per festeggiare il buon esito della ricerca genealogica in montagna, mi concedo un salto in birreria. I cari compari per la maggior parte sono fumatori – chi autentici e chi svapoisti, così tocca stare fuori dal locale tutti quanti. Una bella bega, soprattutto con il freddo, però c’è il vantaggio che puoi comprare un birrino dal bengalese lì di fianco, si risparmia un buon sessanta per cento; una bella differenza, soprattutto se sei disoccupato. Tanto il padrone della birreria è già milionario da un bel pezzo, se ne sbatte i maroni della piccola concorrenza; magari ne è anche contento, così ci ha meno fila alle tre sponde del suo bancone, che a volte appare irraggiungibile come l’altro lato della strada quando c’era la bella nebbia del Novecento. Che poi nessuno la rimpiange, sia ben chiaro.
Senza che lo volessimo in modo conscio, si è verificato un certo vortice di birra – neanche tanto piccolo, a dire il vero. Eravamo tutti stranamente pimpanti, quella sera, come se ciascuno avesse vinto una buona sommetta alla lotteria o al gratta e vinci. Sono situazioni inspiegabili, ci sarebbe da farci su un trattato. Come s’incrociano le circostanze, come girano, prillano… Mistero! Nessuno ci capisce niente, noi nemmeno ci abbiamo cavato fuori un senso.
Era destino, si vede, e al destino non si fanno domande.