La balena di piazza Savoia
L’immaginario che avevamo in dote
Primi anni ’70: un bambino vede una balena in una piazza al centro di Campobasso. Questa misteriosa apparizione è il punto di partenza: l’incontro è davvero avvenuto o si trattava solo di una fantasia infantile? Nessun altro degli amichetti di allora sembra ricordare il passaggio di quella balena sotto formalina, trasportata da un camion ed esibita a pagamento come in una fiera ottocentesca.
Intanto, mentre la balena dorme per molti anni sepolta nel suo inconscio, quel bambino ha scoperto la passione per il cinema e, senza sapere il perché, ha cominciato a seminare tracce nel tempo annotando su decine di agende i titoli dei film visti al cinema, archiviati all’indomani della grande crisi che trasformerà per sempre lo spettacolo cinematografico in qualcosa di irrimediabilmente diverso.
Il ventre della balena ancestrale e “quel vortice luminoso in cui si rincorrevano polvere, colori, fumo di sigarette”, la sala cinematografica, la balena e il cinema, epici protagonisti di una stagione avventurosa, sono il leitmotiv di un’educazione sentimentale e, insieme, la metafora di un immaginario destinato a fatale estinzione. Quelle pagine delle vecchie agende ormai ingiallite costituiscono il filo di Arianna, che nel libro si intreccia, in un “montaggio alternato”, alla vera e appassionante storia della balena Goliath, ricostruita attraverso un’indagine degna di un romanzo giallo: arpionata in Norvegia nel 1954, imbalsamata e mandata a viaggiare per un quarto di secolo sulle strade d’Europa, nelle piazze delle grandi città e dei paesini sperduti, oltre la Cortina di Ferro, fino in Grecia e Israele per sbarcare poi a Bari dove inizia il suo tour nell’Italia degli anni ’70.
Sullo sfondo c’è una nazione turbolenta raccontata dal punto di vista di un bambino di provincia che oggi, ormai adulto, prova a ricomporre il puzzle della memoria e a decifrare i segnali di un Paese che stava cambiando senza che ne avesse coscienza. La scoperta e l’agonia del cinema popolare, la formazione di una generazione in cerca di risposte, l’insinuarsi di nuovi immaginari che contribuiranno poi a determinare la storia più recente dell’Italia.
La storia della balena è diventata, nel tempo, una piccola ossessione privata. L’incontro è davvero avvenuto o l’ho solo immaginato? È un ricordo artificiale come l’unicorno del cacciatore di replicanti di Blade Runner o forse si tratta di un sogno che, senza che me ne sia accorto, è scivolato nell’archivio delle memorie infantili? Un amico scrittore sostiene con assoluta convinzione che, da bambino, durante un viaggio in Turchia con i genitori, ha visto emergere da un lago una flotta di minuscoli sottomarini che, dopo un breve tratto a fior d’acqua, si sono nuovamente inabissati. Naturalmente in quell’istante il padre e la madre erano distratti, volgevano lo sguardo altrove. C’è anche da dire che, da grande, quando ha cominciato a scrivere storie, il mio amico ha scelto di bagnarsi in quel particolare mare della letteratura dove il realismo incontra la magia.
Un giorno di pioggia di pochi anni fa, durante la pausa pranzo, riparavo sulla soglia di un bar di Borgo Pio quando la suoneria del cellulare annuncia una chiamata. Un’amica di Campobasso, molto più giovane di me, a cui avevo raccontato questa storia e che l’aveva recepita con divertito scetticismo, mi riferiva che ne aveva parlato a un suo amico che ha più o meno la mia età e che sì, certo, anche lui ricordava della balena. Ma l’eccitazione è stata di breve durata e ha lasciato quasi subito il posto a una sensazione di lieve inquietudine. Ho pensato che non era ancora una prova e che la mia ricerca sarebbe finita solo quando avrei trovato un ritaglio di giornale o una vecchia foto.
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