«J.L. non fu mai propriamente uno scrittore – nella vita fece altri mestieri, l’artista, docente in Accademia e fu anche conservatore di siti monumentali della colonia britannica del sub-continente indiano. Ciò nonostante Beast and Man in India: a Popular Sketch of Indian Animals in Their Relations with the People, un corposo volume stampato nel 1891 a Londra e accompagnato da un centinaio di incantevoli illustrazioni, quasi sempre dell’autore stesso, rivela un sorprendente talento narrativo. Gioca a favore anche la scorrevole traduzione nella sua prima parziale edizione italiana, curata da Alessandra Contenti: Piccolo bestiario indiano.
Non si tratta magari di storie d’invenzione né tanto meno di storie per ragazzi, bensì di vera e propria saggistica, che ha il pregio di avere un carattere molto narrativo. E se si ricordano i temi di alcune produzioni letterarie del figlio Rudyard (Il libro degli animali, Il libro della giungla, primo e secondo) l’argomento può certo dirsi familiare. Qui, più precisamente, si parla estesamente della convivenza tra gli esseri umani e gli animali, sia quelli domestici sia quelli selvatici. L’edizione italiana ha selezionato i quattro capitoli del libro dedicati alla scimmia, all’elefante, alla vacca e ai rettili, e ha tradotto un capitolo dedicato ai richiami per gli animali; inoltre, sono riprodotte moltissime illustrazioni tra quelle autografe di J.L.K.
Una scelta più che sufficiente per provare l’emozione di collocarsi nello sguardo stranissimo dell’autore, come solo può esserlo quello di un uomo delle colonie, studioso di arte, desideroso di conoscere e far conoscere una terra e una civiltà che considera sua, o della quale non vorrebbe proprio sentirsi solo ospite armato, e che per questo si trasforma in una specie di antropologo, senza molti strumenti dell’antropologia culturale in verità. Viene forse più facile pensarlo come un testimone e un osservatore (e in effetti lo fu per mestiere, visto che si occupò per conto del governo britannico di documentare la vita artistica e artigianale dell’India del Nord) fatalmente innamorato dei suoi soggetti.
John Lockwood, infatti, ha la straordinaria capacità di fondere in una fluente linea discorsiva ciò che appartiene alla sua esperienza immediata, diretta e superficiale (quella che potrebbe appartenere a un qualsiasi inglese di passaggio o appena arrivato) a ciò che invece è il prodotto di un approfondimento fatto di inchieste, interviste e letture di ogni tipo (ciò che appartiene all’inglese residente). Così che le sue pagine diventano vera legenda, cose da leggere, e anche un po’ da sognare, sebbene non vi sia alcunché di fantastico, se non le stesse mitologie prodotte dagli indiani, hindu e musulmani, intorno ai loro animali».