Donbass la guerra fantasma

nel cuore d'Europa

Il reportage narrativo di Sara Reginella, psicoterapeuta e regista, ci catapulta nella regione del Donbass, sul confine russo-ucraino. Lì, nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, è in atto una guerra che la scarsa attenzione dei media occidentali ha reso quasi invisibile, una guerra “fantasma”: un conflitto in corso dal 2014 che ha provocato migliaia di vittime e che ha visto l’Ucraina spezzarsi in due, da quando le popolazioni del Donbass si sono opposte al cambio di governo avvenuto a Kiev, da una parte ritenuto un golpe, dall’altra una rivoluzione democratica. Ad anni dallo scoppio del conflitto, i combattenti delle autoproclamate Repubbliche popolari del Donbass continuano a scontrarsi con l’esercito di Kiev.

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Il libro in breve

Attraverso i social e i post di un amico russo, l’autrice vede foto di bombardamenti e palazzi distrutti e decide di partire per capire cosa sta succedendo davvero nel Donbass. Non si fida di quel poco che i media trasmettono. Dopo lunghi interrogatori al confine e la sensazione di irrealtà del primo ingresso in territorio bellico tra quartieri bombardati e la vita dei bambini negli scantinati, percorrendo le terre del bacino del Donec, Sara Reginella incontrerà i comandanti della brigata “Fantasma” e combattenti come Igor, sopravvissuto alla strage del 2 maggio 2014 a Odessa, quando ha visto morire i suoi compagni nel rogo.

In questo reportage racconta la dimensione umana di una guerra combattuta da persone comuni, miliziani atipici: Tanya, in colbacco e mimetica, è un’adolescente arruolata tra le truppe cosacche; Milagros è una giovane madre di origine argentina che da Mosca è giunta volontaria a Lugansk; Boris, ex programmatore informatico, adesso impugna un kalashnikov col volto coperto da un passamontagna; Iana, eletta tra le donne più belle d’Ucraina, è ora volontaria nei quartieri più pericolosi di Donetsk.

Ultima tappa di questa testimonianza sul campo, la spettrale colonia penale di Chernukhino, devastata dall’artiglieria, dove Sara incontra “Starij – l’anziano” che da ex prigioniero è passato al ruolo di recluso volontario. Il suo congedo sarà l’incontro in un sottopassaggio ferroviario con il “Maestro”: un uomo che vive e dipinge per strada e testimonia la guerra attraverso disegni di Ufo, bombardamenti, alberi magici, uomini neri e dorati, in un racconto in cui frammenti di sé e del
nostro tempo si uniscono in un’unica realtà fantastica, consacrata da una lucida follia.

Al rientro in Italia Sara Reginella sceglie la via dell’impegno attivo per contribuire a svelare una guerra tutt’ora in corso che rischia di essere ignorata, e realizza un documentario, Start Up a War. Psicologia di un conflitto, che ha vinto numerosi premi in festival internazionali.

Anteprima

Una donna, vedendo la telecamera, mi punta da lontano. Si avvicina e chiede provocatoriamente:
– Vuole sapere cos’è successo qui?
Accendo la camera e annuisco, non sapendo cosa aspettarmi.
– Guardi – esordisce indicando una buca sull’asfalto. Sembra la pelle di un coccodrillo.
– Che è successo? – le chiedo di raccontare.
– Ero uscita di casa per dar da mangiare al cane, quando abbiamo sentito che cominciavano a sparare. Ci siamo messi a correre e abbiamo sentito cadere una granata. Questo è il punto preciso in cui è caduta – e indica di nuovo l’apertura
sull’asfalto. – Era il 25 agosto. In quel momento stavano passando dei bambini, un ragazzino e una ragazzina.
Passa un camion e non capisco più nulla, ma la donna continua a parlare. Mi sono persa un pezzo del discorso.
– Noi eravamo nei podvaly, avevamo preso le borse e stavamo lì sotto.
– Avete paura? – chiedo retoricamente.
– Certo che abbiamo paura, teniamo tutto nei sotterranei, le nostre cose, i documenti, è terribile vivere così. Quando iniziano a sparare la sera siamo terrorizzati. Non possiamo essere considerati noi i colpevoli per il solo fatto che viviamo in Donbass – protesta e poi continua come un fiume in piena.
– Guardi, io sono un’insegnante, insegno tutti i giorni ma non percepisco nessuno stipendio, vivo con le mie cose nei
sotterranei. Dovrebbero fermarla questa guerra, non possono ammazzarci così!
– Chi spara? – le chiedo.
– Spara l’esercito ucraino.