“Il libro di Hearn invita il lettore contemporaneo a compiere due movimenti opposti ma complementari: lo spinge a scegliere, rispetto al grande tema della natura, una postura che è nel contempo distante e vicina. Da un lato, la particolarità dell’argomento e soprattutto la modalità di approccio ad esso, suggeriscono di adottare un punto di vista altro, di osservare da lontano e ammirare con sguardo estatico un mondo mitico, una sorta di Eden ormai estinto e irrecuperabile. D’altra parte, però, immedesimarsi in farfalle che danzano o in formiche che si ingegnano, immaginare di librarsi leggeri nel vento o di vivere in armonia con i propri simili nelle più remote profondità telluriche potrebbe essere un’ottima terapia di momentanea estraniazione dal progredire frenetico della realtà circostante: sfruttare il tempo necessario alla lettura, immergersi a capofitto, lasciarsi cullare dalla sacralità della poesia, per tornare a proteggere dalle minacce dell’immanente quello spiraglio sulla trascendenza che forse consente ancora di intravedere la bellezza.”
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Recensione a
di Lafcadio Hearn