I Della Robbia nelle Marche

ed epigoni robbiani nell'area esino misena

L’arte della terracotta policroma invetriata fu messa a punto e perfezionata da Luca Della Robbia intorno alla metà del XV secolo. Il successo di “Un’arte nuova utile e bellissima” secondo il Vasari fu tale che la produzione delle opere robbiane si diffuse in Toscana, quindi nelle Marche, come pure in molte altre regioni e in Europa.

Introduzione di Lucia Tongiorgi Tomasi
Il prezzo originale era: 23,00 €.Il prezzo attuale è: 21,85 €.
Il libro in breve

Paolo Santini, attento conoscitore della realtà storica marchigiana, traccia un itinerario che, attraverso le opere inviate nelle Marche da Firenze e quelle realizzate in loco da fra Mattia e fra Ambrogio, i figli di Andrea Della Robbia attivi in particolare nell’Arceviese e nel Maceratese, conduce fino alle terrecotte dipinte di produzione locale ispirate agli invetriati robbiani.
Un viaggio suggestivo che approda a uno dei romitori che fin dal medioevo costellavano le zone rupestri della regione: la Romita di San Girolamo presso Roccacontrada, oggi Arcevia, alla quale era destinata l’opera di Giovanni Della Robbia nota come Vergine dei Miracoli.

Anteprima

La scultura in terracotta assai apprezzata nell’antichità, fu quasi dimenticata nel Medio Evo. Ebbe una sua rinascita agli inizi del Quattrocento, in concomitanza con la più vasta riscoperta del mondo antico, soprattutto per opera di grandi artisti come Donatello, Ghiberti, Brunelleschi e Luca Della Robbia.
L’utilizzo, in età rinascimentale, della terracotta invetriata nelle opere d’arte a rilievo fu un’innovazione di rilevante portata che va ascritta proprio a Luca Della Robbia, uno dei protagonisti della scultura fiorentina del Quattrocento.
Di tale “invenzione” ce ne dà conto già il Vasari nel suo Vite dei più eccellenti pittori, scultori, architetti scritto nella seconda metà del Cinquecento, affermando che Luca trovò il modo di “difendere le opere in terracotta dalle ingiurie del tempo”. E ottenne ciò dando loro “una coperta d’invetriato addosso, fatto con stagno, terra ghetta, antimonio e altri minerali e misture cotte al fuoco d’una fornace apposta”. Le opere di terra divenivano così “quasi eterne”. “Del qual modo di fare, come quello che ne fu inventore, riportò lode grandissima, e glie ne avranno obbligo tutti i secoli che verranno”.