“Se dovessimo dirlo in una formula lapidaria, della scrittura di confine di questo autore napoletano (critico letterario e teatrale del Mattino) ci piace sottolineare la “tensione conoscitiva” e la “capacità di connettere”, quel famoso only connect di Forster – solo connettere, appunto, mettere in relazione, cose opposte, antitetiche, diverse ecc. – applicato in una forma anche più estensiva. A questo proposito, notiamo, verso la fine del libro, un isolato affondo polemico contro ogni «ridicola pretesa di realismo», contro quella «stucchevole convinzione che la funzione della letteratura sia quella di raccontare storie verosimili…». Ora, vediamo anche noi i rischi odierni di una sovraesposizione dello storytelling ai fini dell’intrattenimento, in ogni ambito, non solo in quello letterario (oggi si pretende la narrazione di qualunque cosa!), ma non siamo del tutto convinti che la narrazione romanzesca di ispirazione realistica in quanto tale abbia esaurito definitivamente la sua funzione all’interno della forma-romanzo, di una forma romanzo evidentemente aggiornata ai tempi, magari contaminata nei generi e con le altre espressioni artistiche, ecc. Ma rimandiamo ad altra sede la questione (di teoria del romanzo) e passiamo senz’altro al libro. Che romanzo in senso stretto non è, ma del romanzo ha l’interesse per il personaggio e la capacità di movimento, ottenuta proprio da quel only connect che si diceva”.
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Recensione a
di Fabrizio Coscia