“Il libro di Fabrizio Coscia sulle ninfe (o su Νύμφα, Nympha) principia con un suggerimento garbato e preceduto da un avverbio dubitativo: «Forse, scrive, per scongiurare questo pericolo, dovremmo semplicemente ritornare a guardare i quadri».[1] Il pericolo è quello dell’inflazione (orgia) delle immagini, che Paul Virilio[2] ha chiamato la «grande ottica» o anche «ottica attiva»: ciò che giunge, ovviamente, allo spazio della realtà virtuale, alla telepresenza, ma pure al restringimento dell’esperienza sensibile del mondo, «ciò che volgarmente chiamiamo l’altra estremità del binocolo!».[3] Allora è possibile tornare a guardare i quadri e tornare a guardarli con «lo sguardo dell’artista» (p. 10), e cioè di colui che ha visto ciò che ha rappresentato? (D’altra parte, «nell’opera è come soggetto, come sguardo, che l’artista intende imporsi a noi»).[4] In altre parole: è possibile tornare a guardare con la «piccola ottica» che «rende conto dell’immediata prossimità dell’uomo»”
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Recensione a
di Fabrizio Coscia