«I protagonisti sono tre, ma meglio sarebbe dire vittime, vittime di tre disastri topici dell’Italia Unita: Adua 1896, Caporetto 1917, l’Otto settembre 1943. Vittime vive, ostaggi finiti nelle mani del nemico e tornati a casa dopo mesi e anni di prigionia. Tre odissee dunque, e il riferimento al tòpos massimo della letteratura occidentale è pertinente in quanto, per necessità e/o ironia della sorte, tre giovani soldati semplici semialfabetizzati iniziano a scrivere. Così la loro subalternità agli eventi si fa protagonismo di penna».
Così Dario Borso inizia a raccontare su L’Estroverso, per la rubrica #1Libroin5W, il suo Ostaggi d’Italia. Leggi qui l’articolo completo.
Visitando questo sito, acconsenti all'uso di cookie per fini comprendenti la pubblicità e l'analisi. Leggi la nostra Informativa sui cookie per ulteriori informazioni.Accetta e chiudiLeggi di più