«Il libro nasce da una costola di Gianni Celati, quasi un tardo manifesto della poetica celatiana e cavazzoniana, zeppo com’è di lunatici, idioti, eccentrici, carpentieri burberi, criminali miti, maestri elementari che diventano fruttivendoli e vanno nel paese dei mimi, piastrellisti incantati, mimi sciancati che recitano la fine del mondo […]. La lingua insegue in ogni pagina una semplicità poetica, che sempre tiene della complessità, una surrealtà più realistica di qualsiasi mimesi naturalistica».
Recensione a
di Enrico De Vivo