«Provate a immaginare un romanzo che contiene una fiaba che contiene un poemetto in prosa che contiene un diario che contiene un reportage metropolitano visionario… Ed ecco La donna che pensava di essere triste di Marita Bartolazzi (Exorma). Libro straniante, fatto della stessa materia dei sogni, quasi smarrito (al punto che nell’ultima pagina si è smarrita anche la protagonista, rimasta alla fermata dell’autobus). La donna che pensava di essere triste incontra varie persone: anzitutto la se stessa in altre versioni, poi un monumento che parla, un uomo che vuole fare il museo della tristezza, un uomo con i baffi, un uomo vestito di arancio… E come se Alice nel paese delle meraviglie incontrasse Nadja, protagonista del romanzo surrealista di Breton (anche lei frantumata in tanti sé): non distinguiamo più bene tra realtà e possibilità, tra sogni che producono altri sogni e fatti concreti. Tutto il libro è la esemplificazione di un assunto filosofico che all’inizio enuncia un gatto: «Chi dice di essere triste non lo è davvero… Solo le cose senza nome e parole sono vere».
Dunque Marita Bartolazzi ha tentato – temerariamente – di rappresentare queste cose “vere” non tanto dicendole quanto evocandole, attraverso la musica percussiva, dissonante della lingua e attraverso immagini abbaglianti e oniriche (c’è una ispirazione visiva di queste pagine che ci porta verso le sfrenatezze immaginative dei cartoon, dove in mezzo agli scaffali di un magazzino ci accade di trovare dei mari in vendita!).
Molte le chiavi di lettura possibili; da quella metaletteraria (ovvero riflessione sul farsi di un romanzo: la meno interessante) a quella che prende alla lettera un elogio perfino “civile” della tristezza (rende più umili e rispettosi degli altri). Eppure l’immaginazione dell’autrice sarebbe arbitraria (e dunque monotona) se non si confrontasse di continuo – facendo scintille – con la città e l’esterno: uffici, negozi, supermercati, strade e macchine, piazze e panchine, tram, pensiline degli autobus.»
Recensione a
di Marita Bartolazzi