Protagonista principale del romanzo è il fiorentino Braccio del Poggio, amico di Coluccio Salutati, umanista, filologo, diplomatico e segretario pontificio, oltre che spregiudicato affarista che si sta facendo una fortuna nel trafugare antichi manoscritti per poi trascriverli e commerciarli. Insomma un “eroe” molto moderno, con molta macchia e qualche paura, malgrado il racconto non sembri insistere troppo sulla personalità e l’immoralità del personaggio, investigatore con ritmi molto blandi, puntando semmai sulle stranezze di delitti che si replicano da decenni e decenni. L’investigazione prende le mosse proprio nel 1414 quando di fronte a Braccio del Poggio si presenta Luc’Antonio dei Mellini, discendente della confraternita dei marmorari, ovvero i Cosmati, magistri doctissimi (il nome da Cosma di Pietro Mellini). Questi erano gli artisti, per lo più di area romana che, tra il XII e il XIII secolo, con le loro botteghe, si distinsero per i mosaici di origine bizantina e le decorazioni realizzate prevalentemente nei luoghi ecclesiastici. Luc’Antonio dei Mellini rivela che ormai da generazioni la confraternita dei marmorari viene perseguitata: morti cruente e misteriose in relazione a una tavoletta di alabastro e a una serie di manoscritti tra i quali l’Historia magistrorum doctissimorum romanorum.
[…] Raccontato così si potrebbe pensare davvero ad una sorta di mistery, oltretutto con tanto delitti che richiamano gli enigmi della camera chiusa, un po’ sulla scia di Dan Brown ed epigoni. Forse “Il mistero dei Cosmati” avrà pure voluto sfruttare il filone ma nei fatti – almeno abbiamo colto questo aspetto positivo – c’è sembrata un’opera scritta con uno spirito più rigoroso, con approccio più scientifico e informato rispetto tanti recenti romanzi di genere.