L’autore compie un viaggio immersivo nell’Egitto contemporaneo, mettendo in luce senza pudori e retoriche le contraddizioni di un paese in bilico tra tradizione e modernizzazione.
Come per la memoria, la narrazione procede a ritroso, a partire da settembre 2014, risalendo nel passato per raccogliere il filo delle proteste del 2011, note come primavere arabe. Un punto di vista dal basso – la città di sotto, il popolo, i movimenti sociali – con il quale Acconcia rivela la repressione di migranti e minoranze, la punizione collettiva delle tribù del Sinai, gli operai delle fabbriche di Suez, il massacro di Rabaa el Adaweya, gli scontri tra sufi e salafiti al confine libico.
E la storia, con la politica e l’economia, diventano voci e corpi, testimonianze raccolte in cammino, leggendo le quali capiamo cosa è rimasto e cosa è mancato alle piazze egiziane, durante un laboratorio politico a cielo aperto con epicentro a Sud. Un libro, qui e ora, per capire – anche grazie all’inquadramento storico e teorico della prefazione di Sonallah
Ibrahim, uno dei più grandi scrittori egiziani – l’epilogo della protesta di piazza Tahrir, che dopo aver riacceso le speranze sulle rivoluzioni del XXI secolo, si è trasformata nel sanguinoso colpo di stato militare di Abdel Fattah al-Sisi.