«Non ci consegna un altro continente eppure ci porta molto lontano, in una Francia che non è la Francia delle consuete rotte turistiche, Normandia o Costa Azzurra per non dire di Parigi, ma la Francia rurale, montanara, selvaggia delle Cévennes…
Ci porta lontano anche nel tempo, perché al viaggio di oggi intreccia il viaggio che il grandissimo Robert Louis Stevenson qui fece più o meno un secolo e mezzo fa, giovane che ancora doveva scrivere i suoi capolavori e decidere davvero cosa fare della sua vita.
E inseguendo l’ombra di Stevenson – lungo il sentiero che oggi furbescamente si chiama Le chemin di Stevenson – sono molte altre le ombre che spuntano fuori. Briganti e ribelli, carbonai e contadini, osti e bestie feroci. Perché è questo – più volte l’ho sperimentato anch’io – che viene dato in dono ai camminatori: di spremere l’invisibile dalla terra che attraversano. Spesso si tratta proprie delle vite di chi ci ha preceduto».
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Recensione a
di Tino Franza