«Cosa accomuna Trieste, Livorno e Taranto? Le dimensioni, il rapporto viscerale con il mare, il loro distinguersi dalle regioni di cui fanno parte, l’inquinamento, la perdita di un passato da protagoniste, la necessità di reinventarsi un presente […]. Merlini e Silvestri raccontano il loro soggiorno nelle tre città nascoste con un ritmo casuale e volutamente imperfetto. Non è un reportage a tesi, non è un esercizio stilistico da narrativa di viaggio. Più semplicemente è un insieme di note, incontri e pensieri che ben restituisce il mood di certe esplorazioni, orgogliosamente lontane dalle mete conclamate e al riparo dall’assillo del tempo.
Le tre città sono raccontate in ordine decrescente di “notorietà”. La prima è Trieste che più delle altre (e da più tempo) ha avuto una sua narrazione. La seconda è Livorno, il cui mito passa da testimonial importanti come Amedeo Modigliani e Piero Ciampi. Infine Taranto delle tre la meno presente nell’immaginario collettivo. […] Luce e umanità sono gli elementi di Taranto che più degli altri conquistano i due viaggiatori.
[…] Ricorre il concetto di amore. I due lo fanno proprio tanto che Paolo Merlini scrive “Se Taranto fosse una persona mi verrebbe voglia di abbracciarla forte , ma come si abbraccia una città?”, mentre Maurizio Silvestri poche righe dopo aver scritto “l’ovvio assoluto e che Taranto senza l’Ilva sarebbe una delle più belle città d’Italia”, affida la conclusione dell’intero libro a una frase breve e lapidaria: “Impossibile non innamorarsi di Taranto”».
Recensione a
di Paolo Merlini e Maurizio Silvestri