«Si tratta di uno scritto caratterizzato da una nota dolente e divertente al contempo, incuneato tra il reportage brillante e la cocente testimonianza-confessione relativa agli anni coreani vissuti dall’autrice. […] E c’è qualcosa di nuovo quasi a ogni capitolo, in una variazione continua di temi e toni. Eppure tutto è legato con un unico nastro e assomiglia a una strana corrispondenza».
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