«L’autore riesce così a coinvolgerci in un’esperienza totalizzante e multisensoriale, esteticamente perturbante e raffinata (vi ho colto echi di alcuni racconti di Oscar Wilde dalle suggestioni esotiche e paradossali, oltre che delle lande spoglie del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati). Insieme, però, vi aleggia uno spiccato senso dell’incanto naturale, figlio degli studi geografici e antropologici dell’autore e della sua passione per il viaggio a piedi e la wilderness: il che ci riporta alla gelida bellezza di certi scenari delle opere di Jack London […]».
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Recensione a
di Matteo Meschiari