Giuseppe Samonà e Simone Perotti indagano qui le complessità dell’area balcanica, in un confronto interessante e stimolante. Dove iniziano e dove finiscono i Balcani? Anche se da qualche tempo cominciano a diventare di moda, lo stanno diventando, come forse è proprio delle mode, in una maniera superficiale, parziale, che non rende giustizia al loro originale intrico di bellezza e di tragicissima storia. Il senso di questo “avvitamento”, che sia riferito alla bellezza o alla violenza e al dolore, scaturisce originariamente da una realtà sempre pensata, agita in termini di confine, di frontiera: non solo fra popoli o presunti tali, o fra lingue, ma anche tra follia e normalità, o persino fra maschile e femminile, fra uomini e animali, eccetera. Frontiera e confine non sono sempre sinonimi l’uno dell’altra. Nel contesto balcanico in particolare, la frontiera è ben più che un confine, una linea o un limite: è uno spazio disteso, fluido, dai contorni sfumati, in cui coabitano e si mescolano genti di diversi paesi. Una frontiera spaesata, appunto, nel senso di un paese che è molti paesi, un caleidoscopio di lingue e culture. Una frontiera insomma che non si lascia afferrare, che si sposta sempre e lascia esplodere sanguinosi conflitti.
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