«Misurato e impersonale quando parla dei grandi avvenimenti storici e delle ragioni del fallimento riformista dello shah (tra cui l’imperfetta riforma agraria), l’autore riesce ad essere empatico quando entra in scena come cronista. Senza tuttavia perdere mai l’oggettività della narrazione […]. Muniti di una lente d’ingrandimento sociale siamo accompagnati alla scoperta di studentesse, attori, giornalisti, pellegrini, fedeli in moschea, che l’autore ha incontrato ed intervistato nel corso di dieci anni di viaggi, e che rappresentano l’essenza stessa dell’Iran di oggi».