«Era il 18 dicembre quando, proprio qui in Tunisia, Mohamed Bouazizi si diede fuoco innescando un domino dagli effetti allora imprevedibili in tutto il mondo arabo. Nei mesi successivi i muri di Tunisi, dalla medina ai quartieri più popolari, si trasformarono in spazi di libertà: lavagne su cui fissare le parole pronunciate all’interno delle case, delle scuole, dei bar, e dar loro vita con i colori.
Oggi che la spinta rivoluzionaria della Primavera araba si è esaurita, e se ne parla soprattutto per via delle macerie che ha lasciato dietro di sé, fa specie rileggere queste scritte: “Amore, gloria e bellezza”, “La soldocrazia è finita”, “Non posso sognare con mio nonno”».