13/02/2015

“La strage dei congiuntivi” di Massimo Roscia

ExLibris. Appunti di una lettrice disordinata - Elena Tamborrino

L’assessore all’istruzione e alle politiche culturali di una località non meglio identificata muore per trauma cranico, procuratogli da violenti colpi inferti con un tronco di olivo. Bill Gross Donkey, così si chiamava l’ormai ex assessore, stava tornando a casa dopo aver partecipato a un convegno filosofico, durante il quale aveva sfoggiato un eloquio degno dell’essere “zotico, ignorante, illetterato” quale, buonanima, era.

La sua arrogante e volgare non-lingua, il suo offendere e maltrattare l’italiano (perché, nonostante la località oscura in cui la vicenda si svolge e i nomi dei personaggi non riferibili a nessuna cultura identificabile con precisione, è di lingua italiana che si parla) gli è costata la pelle: un manipolo di vendicatori che hanno preso in prestito i nomi di famosi grammatici dell’antichità, ha fatto giustizia. E Gross Donkey è solo la prima vittima di un disegno che è insieme salvifico e criminale: il gruppo di giustizieri si muoverà controcorrente, con il disprezzo dovuto non solo a chi bistratta la lingua, ma anche a chi non la difende, a chi si rassegna, a chi non reagisce se non con qualche espressione di disgusto e poi gira la testa dall’altra parte.

Ogni capitolo è introdotto dal suo numero, a sua volta definito dai grammatici sodali: per ogni numero, dall’Uno al Quattordici, un’affascinante descrizione che ne esalta la perfezione e il significato più o meno recondito.
Il testo è poi corredato da un apparato di note a piè di pagina, il che è insolito in un romanzo (succede con autori come David Foster Wallace, che in “Infinite Jest” di oltre mille pagine, ne ha comprese cento di sole note, in fondo) e deve trovare ben disposto il lettore (ma questo è un parere assai opinabile, lo so bene).

Si è trattato di una lettura promossa nell’ambito delle #letturecondivise su Twitter, sull’onda della curiosità all’indomani della Fiera della piccola e media editoria di Roma “Più Libri Più Liberi” (4-8 dicembre 2014) e che si è svolta anche con momenti di confronto acceso tra i partecipanti al gruppo di lettura. Se un libro fa discutere significa che sta comunicando con i suoi lettori: la mia copia è completamente squadernata, piena di sottolineature e angoli ripiegati, è insomma molto sofferta.
A me ha ispirato sentimenti contraddittori. Mi sono sentita a volte irritata dal continuo ricorso a note esplicative, che spesso mi distraevano e a mio parere avevano un’utilità relativa: è chiaro che, se si fa una citazione, o il lettore la riconosce oppure non la riconosce e va avanti comunque, aiutato dal contesto. Questo continuo rimarcare da dove viene cosa, secondo me, viola il patto con il lettore, che ha il diritto di seguire il narratore in un modo o in un altro, ed è anche un po’ provocatorio perché è come dare per scontato che il lettore non abbia letto quello che ha letto l’Autore, che quindi sente di dover aiutare lo sprovveduto nella decodifica delle citazioni più o meno palesi. Mi sono scoperta a provare alternativamente esaltazione per le trovate narrative e irritazione per alcune precisazioni tanto superflue (a mio parere) quanto pedantesche.

Tra le pagine più belle — ce ne sono tante — ce n’è una dedicata all’elogio della ripetizione, che “non è soltanto una tecnica mnemonica, ma un’operazione basilare della conoscenza”.

Ho trovato la lettura di “La strage dei congiuntivi” stimolante ma anche molto impegnativa e, invertendo l’ordine degli aggettivi quasi a cercare una gerarchia, impegnativa ma anche stimolante. Intendo ribadire con questo che si tratta di un libro nella cui lettura si avvicendano curiosità, attenzione parossistica, divertimento, soggezione: ogni volta che lo lasci e riprendi, ci metti un po’ a rientrare in sintonia con la scrittura di Massimo Roscia, che è preziosa, ricercata, pignola (e meno male!).
Credo sia un esperimento molto spinto e interessante, capace di mettere alla prova il lettore anche più motivato e competente. Ma si tratta anche e decisamente di un libro che contiene verità ovvie e tuttavia dimenticate da chi maltratta l’italiano: il problema è che proprio chi non è abituato a porre attenzione a come parla e come scrive, chi non ha cura della propria lingua e non è interessato alla sua difesa dagli oltraggi continui che nell’uso comune le vengono inferti, questo libro probabilmente non lo leggerà mai. E questo è un gran peccato.

 

Recensione a

La strage dei congiuntivi

di Massimo Roscia

220
8,49 


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