27/02/2015

La strage dei congiuntivi di Massimo Roscia

GQ Italia - Back in Black - Cesare Colonna

Cià cm stai?, bn– faccina che ride- ettù?, bnsm– doppia faccina che ride-oggi pom ke fai?? Vorrei che veniresti accasa mia!!!!, oggi pom misà ke nn cela fcc avvenire a casa tua!!!!!!, ke strnz ke 6– faccina triste- xke?, xke dv andare affare L’aspesa kon mammy, vabbè!!- icona di un pollice alzato- xò taspetto domani da gio!!!, ok!!! Addomani– faccina che ride. Tvb, tvb ankio– quadrupla faccina che ride- smack!!!!!!.
Non è dialogo informale, non è pigrizia mentale, non è semplificazione del linguaggio dettata da esigenze di sintesi, praticità e velocità.
È vera e propria mattanza linguistica.
Inorridisco.”

Siamo nell’era dei social, delle conversazioni abbozzate, masticate e sputate a pezzi, degli occhi bassi sui cellulari e della scrittura disattenta. La lingua parlata ai nostri giorni è piena di “tossine grammaticali”, modi di dire o espressioni che sono entrate nel lessico comune, ma che si scontrano violentemente con la correttezza e la raffinatezza linguistica. E al primo posto di un’ipotetica classifica degli errori, o “almeno ai piani alti”, c’è il congiuntivo, il modo verbale più offeso, martoriato, e denigrato, cosi difficile da trovare sui giornali, nei blog e nelle chat. In questo disastro culturale e letterario occorreva qualcuno che si ergesse a difensore della lingua, in un paese nel quale un italiano su due non legge più, e ci salvasse dalla strage dei congiuntivi.

A questo ha pensato Massimo Roscia, critico enogastronomico, docente, ma soprattutto scrittore di romanzi e saggi, che con il suo “La strage dei congiuntivi” ha dato alla luce un noir originalissimo, volutamente derisorio e ironico, divertente,  pieno di livelli e motivi di riflessione e con un lessico affascinante. Un continuo rimando ai classici della letteratura, alla filosofia, alla poesia inseriti magistralmente nel tessuto narrativo,  che spinge il lettore a incuriosirsi delle molteplici note a piè di pagina.

Per rendere il tutto ancor più interessante l’autore ha tirato fuori dalla sua penna una storia magistrale incentrata sulla morte dell’assessore alla cultura — un assessore alla cultura che è una macchietta, quasi la copia di Cetto La Qualunque, capace di violentare la lingua Italiana e la filosofia affermando che “ La filosofia è, signori cari, la scienza che ha per oggetto le incontrovertibile verità, un momendo di riflessione, una presa di posizione, uno stilo di vita e allo stesso tempo […] una delle più grande capacità di rinnovamento” in un crescendo di violenza e comicità fusi in maniera ineccepibile,  e cinque personaggi — Dionisio e i suoi compagni, un analista sensoriale, un bibliotecario, un dattiloscopista della polizia e un professore di letteratura sospeso dall’insegnamento — descritti abilmente, facendo leva sulle loro manie e le personalità tutte diverse, ma uniti da un maniacale odio verso tutti coloro che hanno l’ardire di violentare la lingua italiana usando espressioni trite e banali, errori (e orrori) grammaticali e congiuntivi alla rinfusa, partendo proprio da chi dovrebbe fare della cultura un valore.

Di manuali sull’uso corretto della lingua italiana ne sono pieni gli scaffali di tutte le librerie, ma serviva qualcosa di diverso.  Questo che ho tra le mani ci tiene a distanziarsi dai vademecum fatti di regole rigide e severe, sottolineando la sua natura di romanzo, capace con leggerezza, ironia ma al contempo con forza di raccontare uno dei mali peggiori del XXI secolo, scrivendo e urlando a chiare lettere: “Basta con La strage dei congiuntivi”.

 

Recensione a

La strage dei congiuntivi

di Massimo Roscia

220
8,49 


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