Mischiare i generi letterari è una necessità quando la sensibilità della scrittura si unisce a temi rilevanti da un punto di vista storico. Antropofiction è il nome affidato al genere percorso da Matteo Meschiari in “Artico Nero, la lunga notte dei popoli dei ghiacci”, una carrellata di storie ispirate dall’immaginazione e da fatti realmente accaduti, ancorati allo sviluppo capitalistico e alla depredazione di territori, culture, lingue e tradizioni. Un libro che trattando temi poco mainstream rileva e segnala anche numerose imprecisioni o bufale o boutade e iperboli sull’argomento (come la storia di quante parole esistono per dire «neve» da parte degli eschimesi), una sorta di odierna costruzione scientifica «dell’altro», un racconto per eccessi che confonde e mischia, occultando alcune verità. […] Distanze, recapitate da un’immedesimazione lirica che, in alcuni racconti, rappresenta una sorta di poesia orale, immaginata e postuma («Muoiono tutti nel mare, ma lo sciamano mi afferra. Mi tira a riva con sé. Ecco perché sono qui. Per raccontarvi la storia») […]».
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