«“Sudeste”. Cos’è questo libro torbido, amazzonico, mirabile? Con quale lingua l’hai affrontato? Ti sei lanciato nel suo vortice, hai usato una lingua ‘tua’, in qualche modo? Dimmi.
La principale difficoltà che abbiamo incontrato è la grande varietà di registri che Conti usa nell’affrontare la narrazione. Crediamo che sia impossibile rendere fino in fondo certe atmosfere sospese, per esempio nelle descrizioni del fiume, nel primo dialogo con i pescatori o nell’incontro con il Cabecita. Per questo abbiamo dovuto rinunciare a rendere tutte le sfumature, i polisensi, le acrobazie dell’autore: abbiamo lasciato che fosse la parola, il suo significato, a ricreare la magia dell’originale. Ovviamente non è mai possibile restituire con una traduzione tutta la ricchezza del testo, ma crediamo di aver fatto un buon lavoro e di aver reso un servizio all’autore».
Recensione a
di Haroldo Conti