«[…]contrariamente a quanto si potrebbe pensare (inverno, assenza di vita, gelo micidiale), questo non è un romanzo di silenzio. Di neve e ghiaccio certo, ma non di silenzio. La natura è intensamente sonora, assai viva, e la sentiamo camminare d’intorno: “I passi cigolano con pena, sulla neve giovane, e ogni passo sembra un singhiozzo di pianto. Ogni fiocco percuote le finestre e le superfici con un rumoretto nervoso, come una voltata di pagina di un libro troppo lungo. E quando la temperatura si fa meno rigida, ecco che i blocchi di ghiaccio urlano fino a spaccarsi, sono colti da raffiche di tosse, indulgono a fragori di tuono o di scoreggia.Sono i rumori familiari dell’eterno inverno per Adelmo Farandola sepolto nella neve”.
Neve, cane, piede è allora una storia di cose minime ma che si espandono all’interno, oscure ma folgoranti: come la danza luminosa del pulviscolo dopo un inverno d’ombre».
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