I racconti di territori affacciati sul mistero, dirupi e fantasmi nella notte, ispirano “Neve, cane, piede”, dove delirio, ironia e fisicità purissima intrecciano i loro linguaggi.
Claudio Morandini immagina un paesaggio aspro, un canalone dimenticato dove appena si percepisce il rumore della montagna addomesticata. Il principe di quelle pietre, di una natura poderosa e infida, è un vecchio cencioso, ritratto sbalorditivo di una categoria umana marginale, sgradevole, eppure resistente e vitale. Quanto più espone e sottolinea la sua difformità, il disprezzo per le consuetudini, tanto più Adelmo appare completo, credibile all’interno di un microcosmo scosceso e selettivo.
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