Il critico letterario Filippo La Porta rispondendo a Claudia Presicce in occasione di una lezione all’Università del Salento sulla letteratura contemporanea, ha citato Neve, cane piede tra i «libri da salvare che non hanno avuto sufficiente visibilità», accanto a Le cose semplici di Luca Doninelli, Fallire di Beppe Sebaste e Vita di Lidia Sobakevic di Giovanni Maccari.
«Sono tutti libri che raccontano una storia mettendo al centro un personaggio memorabile, perché è fondamentale per un romanziere costruire protagonisti mitici che fissino caratteristiche della condizione umana. Guardano al presente, ma non sono dei commenti sul contemporaneo perché si legano ad una storia. E poi incarnano tutti una verità morale che non smette di agire dentro il lettore, con un giudizio sul mondo contemporaneo, sulla falsità e su una certa alienazione del nostro mondo.
[…] I libri citati, non a caso, hanno tutti una lingua non banale, non inerte e non convenzionale, ma semplice e senza ammiccamenti. Non esiste per me il romanzo d’avanguardia, la trovo un’espressione ossimorica perché il romanzo lavora su ciò che hanno in comune le persone. Quindi deve dire delle verità in modo che le possano capire tutti potenzialmente, con lingua semplice, ma non banalizzante. Lo stile del romanziere deve sciogliersi dentro le storie e fingerla almeno la naturalezza».