«Protagonista umano di Neve, cane, piede […] è Adelmo Farandola, un anziano solitario che vive in un vallone alpino a stretto contatto con una natura implacabile nei suoi cicli: “Venti gelidi insistono lungo il vallone, si insinuano fin tra le pareti della baita, sembrano battere alla porta, di giorno e di notte. Le nuvole si ingrossano, gravano sulle cose, e niente le sfilaccia più dalle pareti della roccia”, p. 9.
In questo clima dove tutto avviene necessariamente, non solo non c’è spazio per coltivare una vita sociale o sentimentale: persino il confine tra realtà e immaginazione è mobile, come se non fosse concesso il minimo riparo dall’imperio delle forze naturali.
[…] Così tenue è il governo di Farandola sulla propria vita, che decade anche la dicotomia tra possibile e impossibile. Ecco dunque apparire un cane parlante, che sarà per Adelmo compagno ora impiccione ora civettuolo, davvero lontano da qualunque retorica sulla fedeltà e la docilità canina.
[…] Perché solo nelle rappresentazioni umane, ma non in natura, esistono eventi clamorosi o inquietanti, esistono innocenti e colpevoli, esistono le categorie e le interpretazioni.
In natura, semplicemente, tutto succede».
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