«[…] Tu che, se fossi cresciuto in una grande città, saresti un barbone ammassato al ridosso della entrata di una metro, ti ritroviamo qui ad alta quota a sopravvivere al lungo inverno. Tu, Adelmo Farandola sei il monito che Morandini ci lancia come una fune sgradevole da afferrare, ma indispensabile per sopravvivere. Questo piccolo romanzo e il suo personaggio disegnano una allegoria della condizione umana, ma una condizione umana particolare di coloro che non sopravvivendo a se stessi si ritirano dalla vita, dalla comunità per assistere all’inesorabile […]».
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