Zest intervista Claudio Morandini. Si parla di scrittura e del suo ultimo romanzo: “Neve, cane, piede”.
«Forse la letteratura, che riattiva i cinque sensi e insegue suoni, odori, colori di cui altrimenti non ci accorgeremmo, può aiutare a percepirli, a distinguerli rispetto al rumore bianco della civiltà. Per riprendere la figura dello scrittore-ortolano, e l’immagine del giardino-libro: scrivere può essere inteso come un atto ecologico. Neve, cane, piede, in questo senso, sta funzionando come una sorta di amplificatore dei rumori e delle voci della natura: ne ha colto e tramesso le frequenze, enfatizzandole, talora distorcendole. Pensa al lungo inverno sotto la neve, al fracasso di quell’inverno. Non era proprio mia intenzione dar voce alla natura, non ero animato da un reale intento ambientalista, volevo soprattutto tenermi lontano dal cliché della montagna-arcadia, e piuttosto pormi in ascolto, in attesa, questo sì, e registrare tutto: è il mio modo di raccontare che persegue questa sensorialità, ma sono contento che la lettura del libro suggerisca queste riflessioni».