«La vita e la morte che si intrecciano panteisticamente nel cerchio vitale della natura. Il senso olistico dell’umanità, in cui uomini e animali si confondono in un unico moto perpetuo. Il valore di una scrittura che abbraccia tutti i sensi, dolcemente truce, in cui la bellezza e l’orrore si confondono e fondono.
[…] Claudio Morandini scrive un racconto corposo, materiale, in cui il silenzio e i pensieri prendono consistenza materica, in cui le sensazioni diventano reali e tangibili.
Un romanzo introspettivo, in cui il senso del macabro si collega alla migliore tradizione gotica. Adelmo Farandola è un nuovo mostro di Frankestein, che destinato (anche se per suo volere) alla solitudine, ne paga tutte le conseguenze più estreme: dalla durezza delle condizioni di sopravvivenza alla fame, fino a giungere alla perdita della memoria e alla pazzia. Quello che emerge dalla scrittura tersa e nitida di Morandini è un senso pieno della natura, nella miriade disparata dei suoi aspetti, in cui la ferocia e la dolcezza, la brutalità e l’umanità perdono i loro contorni, per mescolarsi in un medesimo orizzonte.
Lontana e colpevole la civiltà, ma questo aspetto è appena accennato nel romanzo nel ronzio dei cavi elettrici a cui si allude come causa remota della pazzia di Adelmo. Anche la Storia, la vicenda tragica della guerra, rimane chiusa nella memoria di Adelmo, non dato oggettivo ma sentimentale e personale. Scelte felici a mio avviso, perché lasciano in sordina gli aspetti prettamente umani, perché sia la natura con la forza dirompente che le è propria a prendere il sopravvento.
Neve, cane, piede di Claudio Morandini parla alla parte più oscura di noi, in cui l’umano si perde nel naturale, nell’istintivo e nell’intuitivo, in un miscuglio suggestivo e riuscito degli elementi della favola (come gli animali parlanti e comunicativi) e del gotico, che spesso sconfina nell’horror, fino ad anelare alla letteratura eremitica e spiritualistica. Adelmo Farandola è la parte ancestrale e ferina di ognuno di noi, quella che rifiuta gli elementi civili dell’umanità, per collegarsi a quelli più primordiali e primitivi in cui l’uomo ha imparato il conforto di parlarsi da solo e di immaginare le voci delle bestie e delle cose pronte a rispondergli».
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